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Il legal design è l’applicazione dello human centered design al mondo del diritto, ossia è il progettare contenuti, servizi, sistemi legali partendo dai bisogni delle persone.
Per comprendere appieno il significato di questa definizione è bene analizzarne i concetti chiave, a partire da quello di design.
Il design come attività progettuale
Di solito quando si parla di design si pensa all’aspetto esteriore delle cose (di un mobile, di un oggetto).
Sì, il design riguarda anche l’aspetto estetico ma non si limita ad esso. Design deriva dalla parola italiana disegno e disegno significa non solo rappresentazione grafica ma anche progetto, piano d’azione, proposito, intenzione.
È proprio quest’ultimo significato a interessarci quando parliamo di legal design: design è da intendere come attività di progettazione, come il progettare un qualcosa (ad esempio, un documento) con un intento.
Come progettare: lo human centered design
Sono diversi anni ormai che, a partire dagli Stati Uniti, si è diffuso un particolare approccio nel progettare un prodotto: si parla di human centered design (design antropocentrico) per indicare il progettare un prodotto partendo dai bisogni delle persone.
Per dirla con le parole di Donald Norman – designer e autore del celebre “La caffettiera del masochista” – lo human centered design è “il processo per far sì che un prodotto soddisfi i bisogni della gente, sia comprensibile e usabile, realizzi i compiti voluti e offra un’esperienza d’uso positiva e gradevole”.
All’interno di questo processo bisogna fare attenzione a due aspetti in particolare: “risolvere un problema e risolverlo in un modo che corrisponda alle necessità e capacità umane”.
Cosa progettare: il legal design
Torniamo così alla definizione di partenza, che dovrebbe apparire ora più chiara: il legal design è l’attività con cui si progettano contenuti, servizi, sistemi legali partendo dai bisogni delle persone.
Focalizziamoci sull’oggetto dell’attività progettuale:
- i contenuti: il testo di contratti, regolamenti, policy, pareri, bandi ma anche le informazioni legali comunicate attraverso un sito web, un video, una app ecc.
In Italia e nel resto del mondo, il legal design è identificato soprattutto con la creazione di contenuti legali arricchiti da elementi visuali, come tabelle, diagrammi di flusso, icone ecc., ossia da elementi che contribuiscono a rendere più chiaro il significato di un testo giuridico. - i servizi: ad esempio, quello fornito dalla pubblica amministrazione verso coloro che vogliono avviare un‘attività imprenditoriale soggetta a una serie di autorizzazioni.
- i sistemi: ad esempio, alcuni Stati americani, sulla scia di quanto sperimentato durante la pandemia, stanno rivedendo le intere procedure processuali per coniugare i benefici del processo online e in presenza. Il raggio dell’azione progettuale è quindi più ampio: all’interno del “sistema processo” possono essere progettati anche servizi e contenuti.
È bene sottolineare che in ogni progetto di legal design, il rispetto dei vincoli normativi è dato per presupposto.
Per chi progettare: le persone prima di tutto
In un progetto di legal design è centrale il ruolo delle persone. Quali?
Non solo coloro che scrivono il documento o forniscono il servizio ma anche coloro che leggono o devono usare quel documento e fruiscono di quel servizio.
Tornando a uno degli esempi di prima, gli aspiranti imprenditori e i dipendenti della pubblica amministrazione degli uffici competenti per il rilascio delle varie autorizzazioni.
Cosa significa progettare partendo dai bisogni delle persone?
Quando si vuole progettare un documento (come un contratto di assicurazione, una informativa privacy, un regolamento interno aziendale) è necessario porsi alcune domande: non solo, chi scriverà quel documento? Quali vincoli normativi deve osservare? Ma anche: chi userà quel documento? Cosa ha bisogno di sapere? Qual è il suo obiettivo? In quale contesto deve usare il documento?
Il legal designer (cioè, colui che progetta) sulla base delle risposte a queste domande potrà organizzare e mostrare le informazioni in maniera tale da rendere il documento legale il più chiaro e comprensibile possibile per la persona a cui quel documento è destinato.
Un altro esempio: il recesso in caso di acquisti online.
Un consumatore vuole restituire un prodotto acquistato online.
In questo caso vengono in gioco sia gli interessi dell’e-commerce ad una gestione efficiente del reso, sia l’interesse del consumatore a restituire nella maniera più semplice possibile il prodotto acquistato.
Il legal designer dovrà progettare la procedura di reso in modo tale da fare incontrare gli obiettivi dell’azienda e i bisogni del suo cliente: non si limiterà soltanto a scrivere in modo chiare le regole in base alle quali recedere, ma, ad esempio, cercherà di capire se sia preferibile costruire sul sito una pagina ad hoc con un form magari collegato al CRM dell’azienda oppure comunicare le regole nelle faq o con una infografica.
E per fare questo lavorerà a stretto contatto con gli sviluppatori del sito, con il customer service, gli addetti alle vendite e con chi si occupa di comunicazione o di contenuti.
Perché il legal design?
Quanto scritto finora evidenzia come il legal design significhi capovolgere la prospettiva tradizionale.
Pensate ad un contratto di assicurazione auto, di fornitura di luce o al contratto con si apre un conto corrente bancario o alle condizioni di vendita di servizi online: un muro di parole scritto in un poco comprensibile legalese che non aiuta a creare un rapporto di fiducia tra l’azienda e il cliente.
Pensate alle informative privacy che, a causa della loro lunghezza e complessità, fanno fuorché informare.
Pensate a quei regolamenti aziendali scritti da esosi consulenti ma che nessuno dei dipendenti dell’azienda ha mai letto e che quindi non assolvono alla funzione per la quale sono scritti: proteggere l’azienda da rischi di varia natura.
Pensate a quando, titolari di azienda o semplici cittadini, vi siete persi nel labirinto di una procedura per ottenere un permesso o un rimborso dalla pubblica amministrazione.
Sono tutti casi in cui chi ha scritto il documento, chi ha architettato la procedura o organizzato il servizio non si è messo nei panni della persona che deve usare il documento, passare attraverso la procedura, fruire del servizio.
“Abbiamo sempre fatto così” è la ricorrente giustificazione. Ma ci si chiede mai se sia efficiente questo solito modo di fare? Probabilmente la risposta a questa domanda sarà il primo passo di un progetto di legal design.
Il legal design come processo
Quasi sempre, almeno in Italia, si parla di legal design in relazione soltanto a un contratto o a un’informativa privacy visuali.
Si trascura del tutto che quel documento è (o dovrebbe essere) il risultato finale di un processo ben più articolato del mero inserire un’icona all’interno del documento per renderlo più piacevole da vedere.
Nel corso degli anni i designer hanno cercato di elaborare un metodo standard da seguire per costruire prodotto e servizi partendo dai bisogni delle persone.
Questo metodo (definito di design thinking) nel tempo è stato oggetto di varie interpretazioni, le più note delle quali sono state elaborate dalla design school di Stanford e dall’agenzia di design Ideo. Ridotto all’osso il processo di design thinking si sviluppa in 4 fasi:
1. Osservazione
Si definisce il problema da risolvere: si cerca di capire quali sono gli interessi delle persone interessate dal prodotto o dal servizio, i loro bisogni, gli ostacoli che incontrano nel realizzare i loro scopi.
2. Ideazione
Si generano le possibili soluzioni del problema individuato.
3. Prototipazione
Si mettono alla prova le possibili soluzioni, costruendo rapidamente un modello o un prototipo da testare.
4. Verifica
Si testa il prototipo creato per raccogliere i feedback delle persone coinvolte.
Il processo è iterativo: le fasi sono ripetute finché non si trova la soluzione ottimale al problema, ovviamente tenendo conto dei vincoli esistenti, come quelli di budget o di tempo.
Il legal design come forma mentis
Per abbracciare il legal design è indispensabile che i legali adottino una nuova forma mentis.
Infatti, durante tutto il processo, il legal designer deve adottare una mentalità che lo porti a considerare il punto di vista delle persone coinvolte come fondamentale; a collaborare con chi ha competenze non legali.
Chi vuole abbracciare il legal design deve, in poche parole, imparare ad allargare lo sguardo. Questo è probabilmente l’aspetto più complicato del legal design per i giuristi in generale e gli avvocati in particolare: abituati a fare le cose sempre nello stesso modo, a dire (quasi sempre) no, a lavorare in solitaria.
Il legal design come cassetta degli attrezzi
Nel corso del processo il designer utilizza una serie di strumenti grazie ai quali poter meglio individuare il problema e trovare la soluzione.
Un esempio è la journey map, che descrive in maniera sintetica e visuale l’esperienza di una persona nell’usare un documento o quando interagisce con un servizio legale.
Un altro strumento sono le personas, ossia profili di persone che presentano le stesse caratteristiche (le stesse necessità, gli stessi problemi). Caratteristiche che sono emerse nel corso di una ricerca sul campo, ad esempio intervistando coloro che usano il documento o interagiscono con il servizio.
Processo, forma mentis e strumenti sono strettamente legati tra loro: considerare l’uno senza gli altri significherebbe improvvisare e smorzare l’impatto del design sul mondo del diritto. Per poi riprendere, il giorno dopo, a fare le cose nel solito modo.
Per saperne di più
Ho creato una breve guida al legal design con qualche esempio pratico.
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Chi sono, in breve
Sono un avvocato e un legal designer: semplifico i documenti legali rendendoli comprensibili a chiunque. Mi occupo anche di contratti per imprese e freelance e di privacy.