Da sempre considero il legalese un’inutile complicazione: scrivere di diritto in maniera chiara e allo stesso tempo rigorosa è il mio imperativo.
Dopo un mio intervento sul palco, una persona del pubblico mi disse “fantastico, non parli come un avvocato”: realizzai allora che ero sulla strada giusta perché lì fuori c’è tanto bisogno di chiarezza e desiderio di capire. Anche, se non soprattutto, quando si parla di “robe legali”.
Più di 10 anni fa iniziai a interessarmi al legal design che vedevo come una possibile strada verso la semplificazione dei testi e delle procedure legali.
Nel frattempo ho divorato libri, frequentato corsi ed eventi dedicati al design per impararne la grammatica e gli strumenti, da applicare poi nel lavoro quotidiano di avvocato.
È ciò che mi ha permesso di mettere mano a contratti e policy di banche e grandi aziende, arricchiti di elementi visuali o “soltanto” rivisti nel linguaggio.
L’ho fatto e lo faccio da solo o con l’aiuto di persone esperte con cui ho fondato il network Iura Design.
Mi piace dire che creare testi legali chiari è come imparare a nuotare bene: ci vuole tempo e un continuo esercizio. Vale per coloro che frequentano i miei corsi, ma vale anche per me. Per questo non smetto mai di osservare con curiosità come altrove, in mondi anche lontani da quello legale, il design risolve problemi più o meno complessi: penso sia la chiave per trovare soluzioni nel mio mondo, quello del diritto, pieno di inefficienze e storture di testi, organizzazioni e procedure.
Credo nella condivisione del sapere e delle buone pratiche. Per questo scrivo saltuariamente una newsletter e curo un canale Telegram dedicati ai temi del legal design e della scrittura giuridica.
Il mio sogno è che un giorno vengano insegnati nella facoltà di Giurisprudenza.
Sono iscritto all’ordine degli avvocati di Bari dal 2008.
Il mio logo, creato da Maurizio Piacenza, non nasce certo a caso.