“Entro e non oltre”: un’espressione con 3 parole superflue.
La usano i burocrati della pubblica amministrazione, gli avvocati; ma anche chi lavora in azienda non la disdegna.
Chi la usa lo fa per pigrizia, senza chiedersi se abbia davvero senso.
Ecco, no: “entro e non oltre” è un’espressione che non ha senso perché è inutilmente ridondante.
“La domanda deve essere presentata entro e non oltre il 20 settembre 2017” ha lo stesso significato di “ la domanda deve essere presentata entro il 20 settembre 2017”.
Entro significa non più tardi di un certo termine; “e non oltre” esprime lo stesso significato di entro. Perché quindi usare quattro parole per esprime un concetto quando se ne può usare una soltanto?
“E non oltre” è una espressione pleonastica e va senza indugio eliminata.
Cosa dicono i giudici
Alcuni avvocati obiettano che usare l’espressione “entro e non oltre” rafforza il concetto espresso e sottolinea l’improrogabilità di un termine entro cui compiere una certa azione.
Non è così. E a dirlo sono i tribunali italiani, chiamati più di una volta a chiarire se l’espressione “entro e non oltre” qualifichi il termine indicato in un contratto come essenziale.
Cosa significa che un termine è “essenziale”?
Un caso giudicato dalla Cassazione aiuta a chiarire il concetto.
Un signore compra una cucina. Nel contratto di vendita è stabilito che la consegna deve avvenire “entro e non oltre” il 1 settembre.
Il venditore non consegna la cucina entro quel giorno e chiede di consegnarla una settimana dopo.
Il compratore rifiuta la consegna e sostiene che il contratto si sia sciolto perché lui non ha più interesse a ricevere la cucina oltre la data del 1 settembre: per lui il (rispetto di quel) termine è essenziale; infatti, nel contratto è scritto che la consegna deve avvenire “entro e non oltre” il 1 settembre.
Il giudice dà torto al compratore: così come stabilito in altri casi simili, perché un termine possa essere ritenuto essenziale e quindi il contratto sciolto una volta che quel termine è scaduto – come stabilito dall’art. 1457 del codice civile – è necessario che “risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo.
Tale volontà non può desumersi solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre” quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata” (Cassazione n. 14426 del 15/07/2016).
Un’altra sentenza qualifica la locuzione “entro e non oltre”come mera formula di stile, che vale di per sé solo a fissare una data e non è significativa dell’improrogabilità del termine“ (Tribunale Bari n. 3634 del 20/06/2016).
Lo dicono i linguisti, lo dicono i giudici: scrivere ”entro e non oltre” è insensato e inutile.
È possibile che i contratti che usate nella vostra attività imprenditoriale o professionale siano pieni di espressioni ridondanti e inutilmente complicate.
Perché non renderli più chiari e comprensibili?