L’importanza del pulsante di acquisto in un e-commerce: il caso Antitrust-Spotify.

Come deve essere il pulsante di acquisto in un e-commerce secondo il Codice del consumo? L’Antitrust ce lo ricorda intervenendo su Spotify.

in Dark patterns, E-commerce

Quanti tra titolari di e-commerce o web designer sanno che il pulsante su cui si clicca per acquistare online un prodotto o un servizio deve essere costruito in un certo modo, in base a quanto prevede il Codice del consumo?

L’art. 51 del Codice del consumo

Chi si progetta un sito e-commerce è attento al layout del pulsante di acquisto, al suo colore, alla sua dimensione, alla sua posizione all’interno della pagina; ignora invece che l’art. 51, comma 2 del Codice del consumo stabilisce che “il professionista garantisce che, al momento di inoltrare l’ordine, il consumatore riconosca espressamente che l’ordine implica l’obbligo di pagare. Se l’inoltro dell’ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole ”ordine con obbligo di pagare“ o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare il professionista.”
In altre parole, il cliente di un e-commerce deve aver chiaro che cliccando sul pulsante assume l’obbligo di pagare il commerciante.
Cosa accade se l’e-commerce non osserva questa norma? Semplice: il consumatore non e’ vincolato dal contratto o dall’ordine.

L’Antitrust è intervenuta su Spotify

L’importanza che riveste l’art. 51, comma 2 nell’e-commerce è ribadita da un provvedimento dell’Antitrust su Spotify dell’agosto 2017: Spotify è stata costretta a cambiare la scritta sul pulsante di acquisto di alcuni suoi servizi e a inserire un disclaimer in prossimità del pulsante stesso.

Cosa ha contestato l’Antitrust

L’Antitrust ha contestato che, nella pagina di check out dei servizi Spotify Premium e For Family, Spotify non forniva “un’informazione chiara e comprensibile in merito al fatto che, azionando il pulsante di attivazione, presente nella pagina web disponibile per ogni servizio, il consumatore starebbe inoltrando un ordine di acquisto, con cui si vincolerebbe contrattualmente da quel preciso istante.”
Infatti, sul pulsante del servizio “Premium” (mensile) veniva riportata la locuzione “Inizia il periodo di prova e paga dopo 30 giorni”, mentre sul pulsante del servizio “Premium” (annuale) era indicato soltanto “Avvia il mio Spotify Premium”, così come sul pulsante del servizio “Premium for Family” compare la locuzione “Avvia Premium for Family”.

Cosa Spotify ha dovuto cambiare: dal pulsante di acquisto al disclaimer

Per questo in seguito all’intervento dell’Antitrust, Spotify si è impegnata a modificare questi pulsanti, adottando la locuzione “Acquista” (es. “Acquista Spotify Premium”).
Un ulteriore problema era dato dall’ambiguità del riferimento ad un periodo di prova dei vari servizi, del quale però nella pagina di check out non venivano precisati le condizioni.
Così Spotify si è impegnata ad “adottare quale titolo della pagina di check out e quale formulazione riportata sul pulsante di invio dell’ordine la locuzione “Inizia il periodo di prova e paga dopo [x, ovvero la durata della prova] giorni”, nel caso in cui alcuni dei servizi siano offerti con un periodo di prova iniziale senza costi aggiuntivi”.
Ancora, sempre nella pagina di check out, Spotify ha dovuto aggiungere un disclaimer “in prossimità del pulsante di conferma dell’ordine” in cui spiega quando avviene l’addebito dell’importo (ad esempio, una volta scaduti i 14 giorni di prova) e come recedere dal contratto.
In questo modo, secondo l’Antitrust sono chiare ed esplicite le conseguenze del click sul pulsante di acquisto del servizio e le condizioni alle quali cui viene offerto il periodo di prova.

Questa vicenda, insieme a quella che ha visto per protagonista Amazon, insegna che nel momento in cui si avvia un e-commerce, a livello legale ci sono tanti dettagli da non trascurare: le condizioni di vendita sono solo uno degli aspetti da considerare, visto che il Codice del consumo si spinge persino a disciplinare il layout di una parte del sito di un e-commerce.

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