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Il contratto che un’assicurazione, una banca o una società che fornisce energia elettrica o gas fa firmare ai propri clienti: un muro di parole respingente.
Chi prova a scalarlo viene colto da vertigini da legalese.
Questo perché sono contratti scritti da avvocati per avvocati e non tenendo in mente chi quei contratti dovrà firmarli e con la sua firma assumerà diritti e doveri nei confronti dell’azienda.
È poi paradossale che questi contratti siano proposti da società che magari nella loro comunicazione commerciale fanno della trasparenza un vanto.
Come cambiare i (pessimi) contratti attuali?
Considerando il contratto (anche) come uno strumento grazie al quale l’azienda persegue i suoi obiettivi economici e costruisce una relazione di fiducia con il proprio cliente o con un’altra azienda.
Per questo, lo strumento deve essere il più efficiente possibile: il contratto deve essere comprensibile a tutte le parti coinvolte nella transazione, le quali sono chiamate a tradurlo in pratica con azioni concrete.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario ripensare integralmente il contratto.
Come rendere più comprensibile il contratto?
- Modificandone il linguaggio, in primo luogo: è imperativo eliminare l’ostico legalese con le sue parole gergali e desuete e le frasi contorte.
- Modificandone l’aspetto visuale: ci sono informazioni che all’interno del contratto possono essere meglio comunicate grazie a tabelle, diagrammi di flusso, timeline, grafici ecc.
Si parla a questo proposito di legal design.
Questo è un esempio di contratto rivisto per un’azienda da Stefania Passera, designer specializzata in questa disciplina.
©Stefania Passera
Attenzione, non si tratta di pura estetica: non si tratta cioè soltanto di cambiare il font, l’impaginazione, aggiungere un po’ di colore per il mero piacere degli occhi.
Gli elementi visuali devono essere funzionali ad uno scopo: devono cioè rendere il contratto più comprensibile e, quindi, rendere il contratto un efficiente strumento di business per l’azienda. Altrimenti servono a poco.
Non a caso Steve Jobs diceva a proposito del design “It’s not just what it looks like and feels like. Design is how it works ”.
Come si arriva a questo risultato?
Attraverso un processo che coinvolga tutte le componenti aziendali che sono interessate dal contratto in questione (dagli addetti al call center ai commerciali, dal settore marketing all’ufficio legale).
Identificare le inefficienze insite nel contratto, i problemi che esso genera dentro e fuori l’azienda è il primo passo.
Si tratterà poi di proporre delle soluzioni (prototipare) di modifica del contratto, che verranno quindi testate fino a raggiungere il risultato desiderato.
I vantaggi per l’azienda.
Come mostrano le ricerche fatte sinora, un contratto visuale è più veloce da leggere di uno tradizionale ed è meglio compreso dai suoi destinatari.
L’azienda che usa un contratto visuale è percepita dai clienti come più trasparente e, quindi, più degna di fiducia: il legal design trasforma un mero documento legale in uno strumento di marketing.
Un contratto riprogettato seguendo i principi del legal design genera meno ambiguità tra le parti, quindi meno controversie tra loro (e, ancor prima, meno telefonate di clienti infuriati al call center aziendale).
I vantaggi sono anche rivolti agli attori interni all’azienda, dove spesso i contratti sono frutto dell’intervento di più dipartimenti: lavorare su uno stesso documento che sia più comprensibile di quelli tradizionali genera meno incomprensioni ed errori tra dipendenti della stessa azienda e in definitiva facilita e velocizza i processi aziendali finalizzati a fare firmare quel contratto ai clienti o partner commerciali dell’azienda.
Non solo contratti
Quanto detto finora vale anche per privacy policy (nel GDPR si suggerisce di usare una “visualizzazione” nella informativa privacy), condizioni di vendita di servizi online, policy aziendali destinate ai dipendenti ecc.
Più in generale, la visualizzazione dei documenti legali rappresenta solo una parte del legal design, “disciplina” che applica i principi del design thinking al mondo del diritto, con lo scopo di costruire servizi legali a misura di utente, cliente, consumatore, cittadino.
Disciplina, è bene ricordarlo, cui è dedicato un corso all’Università di Stanford.