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Per la vittima di un abuso sessuale è traumatico non solo l’abuso in sé ma anche ciò che accade dopo. Due designer hanno provato a rendere meno traumatico questo dopo: due progetti che evidenziano come il legal design sia un qualcosa che va ben al di là della sola visualizzazione di una regola.
Il legal design come riprogettazione di un servizio.
Nell’ambito di un progetto organizzato dalla Ensci, rinomata scuola di design francese, una studentessa ( Apolline Le Gall ) ha riprogettato l’intera procedura cui è sottoposta vittima di un abuso sessuale, concentrandosi su tre momenti: quello in cui si informa sui propri diritti, la denuncia, ciò che segue la denuncia.
La ricerca
La studentessa ha incontrato le vittime di abusi, alcuni poliziotti che hanno ricevuto questi tipi di denunce, ha analizzato la documentazione relative alle denunce e il tipo di formazione ricevuto dai poliziotti per assolvere questo delicato compito.
Così ha potuto ricostruire la “compliant journey map”. Ha cioè ricostruito l’intero percorso della vittima, a partire dal momento in cui deve denunciare l’abuso, individuando tutti gli attori coinvolti nel percorso.
I pain points
Questo le ha permesso di individuare alcuni pain points (punti critici): ad esempio, l’arrivo nella stazione di polizia, a causa soprattutto di come sono organizzati gli spazi fisici e della interazione con i poliziotti.
Gli spazi a volte non permettono la necessaria riservatezza, i poliziotti spesso non sono formati ad avere a che fare con denunce per abusi sessuali e quindi possono essere inopportuni o violenti nell’interagire con la vittima.
Grazie alla user research ha potuto quindi individuare una serie di problemi, proponendo delle soluzioni tali da rendere meno dura l’esperienza per la già provata vittima di un abuso. Soluzioni che riguardano anche l’organizzazione dello spazio fisico.
Immagine tratta da “The four spaces of design practice: drawing from design theory to enhance legal design practice” di Apolline Le Gall (2020)
Il legal design come (ri)progettazione di un prodotto: il kit antistupro
Il secondo progetto è relativo al cosiddetto kit stupro: un set di strumenti, contenuti in una confezione sigillata, che permettono al personale sanitario di raccogliere e conservare le prove di un reato di tipo sessuale.
La designer Antya Waegemann, come volontaria, ha supportato le presunte vittime di abusi sessuali che si presentavano al pronto soccorso di un ospedale di New York.
Ha potuto così constatare di persona l’inefficacia del kit utilizzato per raccogliere le prove dell’abuso sessuale.
Il kit era difficile da utilizzare per le infermiere che lo maneggiavano, specie per la prima volta: era composto da 15 buste, con dentro varie strumenti, da utilizzare seguendo istruzioni molto complesse e poco chiare.
Per questo a volte la raccolta delle prove si prolungava anche per 10 ore, durante le quali le infermiere erano talmente impegnate a capire cosa fare, da trascurare la vittima, i suoi dolori, la sua ansia e la sua preoccupazione.
Per questo Waegemann ha deciso di riprogettare il kit, con l’obiettivo di costruirlo partendo dai bisogni della vittima, delle infermiere e dei medici.
In fase di ricerca ha scoperto che il kit è stato ideato nel 1970 da un poliziotto di Chicago, Louis Vitullo, a capo di un laboratorio di analisi, per poi essere adottato a livello nazionale. La storia del kit, secondo Waegemann, spiega molti dei problemi del kit stesso: è stato progettato da un uomo, avendo in testa chi deve analizzare le prove e non certo la vittima.
Il kit è stato riprogettato sotto vari aspetti: le istruzioni sono state semplificate e ridisegnate in stile IKEA, in modo da ridurre il carico cognitivo di infermiere e dottori e da accorciare i tempi della visita.
Waegemann ha anche creato una app con cui spiegare passo dopo passo alla vittima il tipo di esami a cui sarebbe stata sottoposta: le vittime infatti apparivano preoccupate anche dal non capire cosa stessero facendo le infermiere e spesso durante la visita usavano il cellulare per distrarsi.
Al momento Waegemann sta affrontando tutta la procedura necessaria per fare approvare il suo kit: il suo obiettivo è quello di farlo utilizzare nel pronto soccorso degli ospedali dello Stato di New York.