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Il vostro e-commerce vende beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati?
Se è così potete escludere la possibilità per i vostri clienti di esercitare il diritto di recesso grazie a quanto previsto dall’art. 59, lettera c) del Codice del consumo.
Lo scopo di questa norma è di evitare che un bene prodotto in base alle specifiche richieste del cliente (ossia, chiaramente personalizzato) venga poi restituito e l’e-commerce poi non possa più rivenderlo a terzi.
Due questioni a cui fare attenzione
Ci sono però due questioni da considerare con attenzione se intendete escludere il diritto di recesso:
1. Quando un bene può dirsi “confezionato su misura o chiaramente personalizzato”?
2. Come informare il cliente che il diritto di recesso in questa ipotesi è escluso?
Ad entrambe le domande ha risposto l’AGCM che, con due provvedimenti datati ottobre 2017, ha sanzionato due aziende con una multa di 150.000 ed una di 50.000 euro: nella vendita di poltrone e divani queste aziende non hanno rispettato quanto previsto dal Codice del consumo in materia di esclusione del diritto di recesso.
1. Quando un bene può dirsi “confezionato su misura o chiaramente personalizzato”?
Secondo la Direttiva 2011/83/UE (Considerando 49), le “tende su misura” costituiscono un esempio di bene chiaramente personalizzato.
Secondo invece le linee guida di interpretazione della Direttiva, altri esempi di esclusione del diritto di recesso riguardano:
- beni per i quali il consumatore fornisce delle indicazioni, per esempio le misure per i mobili o le dimensioni di una stoffa;
- beni per i quali il consumatore richiede specifiche caratteristiche personalizzate, come un design particolare per un’autovettura fabbricata su ordinazione o una componente specifica di un computer, che devono essere fornite specificamente per quell’ordine particolare e che non fanno parte dell’offerta generale proposta al pubblico dal professionista;
- etichette di indirizzi con gli estremi del consumatore o maglietta con una stampa personalizzata.
Cosa ha stabilito l’Antitrust
Secondo l’AGCM non ogni scelta dal consumatore determina una chiara personalizzazione a causa della quale viene meno del diritto di recesso in capo al consumatore.
Ecco che la scelta di un colore tra quelli a catalogo non integra un’ipotesi di esclusione dal diritto di recesso.
Così come, in caso di vendita di poltrone, il diritto di recesso non è escluso se il cliente può scegliere tra più “opzioni alternative tra loro e non accessorie, ossia imprescindibili per la vendita del bene”: il cliente invitato a scegliere in fase di acquisto tra una poltrona in microfibra, tessuto od ecopelle non perderà certo il diritto di recesso proprio poiché il rivestimento non è un elemento imprescindibile del prodotto.
Ancora, un prodotto non è da considerare un bene chiaramente personalizzato se il consumatore può scegliere tra alcuni accessori standard predefiniti, quali le ruote o il sistema di massaggio di una poltrona.
In linea generale, secondo l’Antitrust, per capire se un bene possa essere ritenuto personalizzato oppure no, bisogna prendere in considerazione anche “l’effettiva irreversibilità delle modifiche apportate al bene, considerando tali solo quelle la cui eliminazione risulta non praticabile dal punto di vista tecnico (avendo determinato una modifica non reversibile sulla struttura del prodotto) o economico (comportando costi eccessivi per il reintegro del prodotto al modello standard).
In base a questi parametri, ad esempio, un copripoltrona è un accessorio che, ”anche senza procedere a specifici accertamenti tecnici, è possibile ritenere ragionevolmente reversibile“.
2. Come informare il cliente che il diritto di recesso in questa ipotesi è escluso?
Attenzione se – in presenza dei requisiti previsti dalla normativa – intendete escludere il diritto di recesso: l’art. 49, lettera m) del Codice del consumo impone di informare il consumatore in maniera chiara e comprensibile sul fatto che che la scelta di una o più personalizzazioni del prodotto determina la perdita del diritto di recesso stesso.
Come ha sottolineato l’Antitrust, risulta inadeguata un’informativa sulla perdita del diritto di recesso posta all’interno di un paragrafo delle condizioni generali di vendita dove vengono fornite numerose altre indicazioni contrattuali.