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Chi ha un e-commerce deve fare attenzione a ciò che è scritto nelle condizioni di vendita ed in particolare a quelle clausole cosiddette vessatorie.
Sono clausole che risultano gravose per il cliente e lo mettono in una situazione di particolare svantaggio rispetto al venditore.
La legge elenca le clausole che possono essere vessatorie e fa una distinzione tra B2B e B2C.
Perché fare attenzione alle clausole vessatorie
Prima di analizzare le differenze tra B2C e B2B, è importante capire perché bisogna trattare queste clausole con cautela:
- perché la legge dice che queste clausole sono valide solo in presenza di determinate condizioni: se non ci sono queste condizioni le clausole non hanno alcun effetto verso il cliente.
- in caso di e-commerce B2C le associazioni consumatori e le camere di commercio possono chiedere al giudice di inibire l’uso di queste clausole ed il giudice può anche ordinare la pubblicazione del suo provvedimento sui giornali.
- in caso di e-commerce B2C anche l’Antitrust può dichiarare vessatorie le clausole e ordinare all’e-commerce di pubblicare il suo provvedimento sul sito dell’e-commerce, con gravi conseguenze a livello di reputazione. Sono noti i casi che hanno riguardato Mediaworld e Feltrinelli condannate dall’Antitrust per aver inserito alcune clausole vessatorie nelle loro condizioni di vendita relative agli e-book offerti sui loro siti. L’Antitrust ha condannato le due società a pubblicare un estratto del provvedimento per trenta giorni consecutivi sulla home page dei rispettivi siti “con adeguata evidenza grafica”.
Le clausole vessatorie nel B2B
Sono previste dall’art. 1341 del codice civile, secondo cui sono vessatorie le clausole che stabiliscono
– a favore del venditore:
• limitazioni di responsabilità;
• facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’ esecuzione.
– a carico del cliente:
• decadenze;
• limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi;
• tacita proroga o rinnovazione del contratto;
• clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Le clausole vessatorie nel B2C
Sono quelle clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi che derivano dal contratto.
Sono una ventina e sono elencate nell’art. 33 del codice del consumo. Questo elenco non è però esaustivo: il consumatore può agire per fare accertare la vessatorie anche di clausole non contenute in questo elenco, purché comportino uno squilibrio significativo tra le parti del contratto.
Quando sono valide le clausole vessatorie inserite nelle condizioni di generali di vendita?
Anche qui bisogna fare una distinzione tra B2B e B2C:
• B2B: sono valide se soddisfano i requisiti previsti dall’art. 1341 del codice civile.
• B2C: sono valide se soddisfano sia i requisiti previsti dall’art. 1341 del codice civile sia quelli previsti dagli articoli 33 e seguenti del Codice del consumo .
I requisiti previsti dall’art. 1341 del codice civile
Le clausole vessatorie, per poter avere effetto nei confronti del cliente, devono essere “specificatamente approvate per iscritto”.
Perché?
Per richiamare l’attenzione del cliente sul significato di una determinata e specifica clausola a lui sfavorevole.
Quindi?
Nei contratti cartacei il cliente sottoscrive le clausole vessatorie in maniera specifica e separata dal resto del contratto.
Altrimenti?
Se non sottoscritta in maniera specifica per iscritto la clausola non ha effetto.
E nell’e-commerce?
Escludendo per motivi di praticità il ricorso alla firma elettronica, al momento non esiste una soluzione sicura al 100% dal punto di vista legale. Questo per un motivo fondamentale: si tratta di adattare ad un fenomeno socio-economico dei nostri tempi una norma (l’art. 1341 c.c.) scritta nel 1942.
La questione è stata affrontata in parte nel 2012 dal Tribunale di Catanzaro che però proposto una soluzione assai criticabile e alla quale, quindi, è inutile fare cenno.
D’altro canto ad un e-commerce non si può di certo chiedere di inviare un contratto cartaceo al cliente da ricevere indietro debitamente sottoscritto.
Per questo, considerate le esigenze pratiche degli e-commerce, in attesa di soluzioni tecnologiche adeguate, una possibilità per cautelarsi è quella di fare approvare separatamente le clausole vessatorie con un secondo click (ossia, prevedere una seconda checkbox da spuntare) rispetto a quello con cui si approvano le condizioni generali di vendita.
I requisiti previsti per il B2C dal Codice del consumo
Nel caso l’e-commerce sia rivolto a utenti consumatori, le cose si fanno ancora più complicate perché, oltre a valere quanto detto sopra a proposito del B2B, entrano in gioco ulteriori requisiti in mancanza dei quali la clasuola vessatoria è nulla.
Infatti, secondo gli articoli 33, 34 e 36 del codice del consumo:
- Sono vessatorie quelle clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi che derivano dal contratto. La vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.
- Non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale. Ed è onere del professionista professionista provare che le clausole siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore.
- Alcune clausole, anche se oggetto di trattativa, sono comunque nulle. Un esempio è dato dalla clausola che esclude o limita la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista.